Di cosa parlo quando parlo di design
Un libro del mio amato Hakuri Murakami ha il titolo simile, ma parla delle corse. É una raccolta di opere autobiografiche molto interessante, che parla appunto, di corse, letteratura, vita. Consiglio davvero di leggerla. L’autore fa una comparazione tra l’attività letteraria e la partecipazione ad una maratona, entrambe le cose vissute direttamente sulla sua pelle.
E quindi cosa sarebbe questa arte del design? La risposta più esatta e più precisa, sarebbe “è vita”. Ma questa è una definizione troppo generica. Vorrei essere un po’ più concreta.
Spesso, quando le persone vengono a sapere di cosa mi occupo, mi capita quasi sempre di sentire le stesse reazioni: “Che bello! Dev’essere interessante, immagino. Sai disegnare bene?”. Eppure in realtà il fatto che io sappia disegnare o meno non ha molta importanza nel mio lavoro.
Capita anche un altro tipo di reazione. Una volta, più o meno cinque anni fa, durante una reimpatriata tra studenti, stavo parlando con un mio ex compagno di classe. Conversazione standard “Come? Cosa? Dove?”… Ma, quando è venuto a sapere che mi occupo di design, la reazione è stata più o meno questa: “Cioè piazzi i divani nelle case? E a cosa serve? Io lo posso fare benissimo da solo”. Con un cotal convincente argomento, mi restava poco da controbattere. Ma esattamente un anno più tardi, questo stesso compagno di classe mi ha contattata per un progetto nel suo nuovo appartamento. Non riusciva a “piazzare i divani” da solo. Ma figurarsi se mi offendo per queste inezie, al contrario, è molto divertente.
Però questo dimostra una cosa: nessuno capisce esattamente di cosa si occupano i designer, e che il nostro lavoro va molto al di là del semplice scegliere i tendaggi o la carta da parati, versarsi il caffè e partecipare a ricevimenti di gran gala.
Quindi mettetevi comodi, ora sfaterò tutti i miti!
Il 60% del lavoro di un designer è relazionale. Relazioni con i clienti, con gli ingegneri, coi costruttori, gli operai, i capicantiere e i fornitori. E ovviamente con la squadra che porta avanti il progetto: direttori, architetti, disegnatori CAD. Ed è proprio la buona coordinazione tra tutti questi partecipanti, che porterà poi al risultato finale non solo del progetto, ma anche della struttura realizzata.
Il 30% del lavoro di un designer è in sostanza di progettazione. Quando la richiesta è stata ricevuta, classificata e analizzata, inizia il magico momento della messa a punto del progetto. E qui ovviamente bisogna di nuovo spartire gli incarichi, creare i vari render, calcolare, prendere tutte le misure, scegliere accessori, tinte, fatture. Mettere insieme tutto, tutto, tutto! In questa parte del lavoro avviene una magica fusione tra “tecnica” ed “estetica”. Proprio come nell’arte? Non lo so. Non c’è tempo per pensarci.
C’è rimasto un intero 10%. E cosa potrà mai essere? Per me è tutto ciò che succede al di fuori del lavoro, ma pur sempre al lavoro collegato. Viaggi, ricerca di nuove idee, conoscenze, lettura di libri d’arte.
Alla fine abbiamo il 100% del carico di lavoro. Chiamate dai costruttori e dai clienti alle dieci di mattina nei giorni liberi. Urgentissimi viaggi d’affari. Ogni ora nuove notizie che arrivano dalle diverse strutture. Consegne dei progetti e, come bonus aggiuntivo, notti insonni.
Ma è bello e interessante!
E se torniamo alla domanda che mi ha fatto il mio ex compagno di classe
“Cioè piazzi divani nelle case?”
Si, caro il mio compagnuccio, i divani… e nel tempo che rimane mi bevo il caffè.