Retrospettiva del brandrealismo
La visita alla mostra del famosissimo esponente della cultura Sergej Shnurov: ”Retrospettiva del brandrealismo”, mi ha dato modo di riflettere sulle marche in generale, e in particolare sul mio rapporto con esse. Parlando della mostra in sé, posso dire che ritengo l’autore una persona di cultura, intelligente e senza dubbio con un gran talento (sia in campo musicale che in quello delle arti visive).
La capacità di scorgere e riprodurre i vizi della realtà che ci circonda ma senza pedanteria, senza boriosi “ai nostri tempi invece…”, attraverso il prisma dell’umorismo e spesso della satira, dà la possibilità di riflettere su qualsiasi cosa. Normalmente quando ci mettono davanti ai nostri errori, noi ci offendiamo; nel caso dell’arte di Sergej Shnurov invece, dapprima ci viene da ridere e poi, in un modo o nell’altro, iniziamo a riflettere sul senso che si nascondeva nel testo che sembrava a prima vista leggero, disseminato di un lessico non convenzionale.
Brand, trend, voga e ultima moda. Se non vivi nel più remoto paesino siberiano di cinque case, allora ti basterà aprire gli occhi la mattina, che subito davanti a te inizia a scorrere un flusso infinito di informazioni. Pubblicità! Possiamo dire che non guardiamo la televisione, ma internet e i social influiscono su di noi come e forse anche più del famigerato “schermo”.
Inoltre con lo sviluppo delle comunicazioni e di internet la pubblicità è diventata più scaltra, se così si può dire. É ora la pubblicità che cerca la persona, basandosi sui suoi bisogni e sulle sue esigenze, e lo perseguita finché quest’ultimo non acquista un bene o un servizio. Suona interessante, ma spaventoso!
Il discorso sulle firme e sulle marche non è attuale, siamo già abituati al fatto che “l’abito non fa il monaco”. Ma “l’abito” contemporaneo è il modello dell’auto, la marca dei vestiti (a volte con enormi scritte nei posti più in evidenza, così, affinché tutti lo sappiano), i ristoranti preferiti, le palestre e gli hotel. Marche dappertutto! Si può provare a ignorarle, ma difficilmente ci si riuscirà.
Anche nel design si può riscontrare una dipendenza dalle marche. Sui mobili, sull’illuminazione, sugli elettrodomestici, sugli accessori… su tutto! Ma la domanda che mi pongo è un’altra. É davvero indispensabile inventarsi così tante cose firmate? La risposta dipende dall’obiettivo finale che la persona intende perseguire. Perché anche la casa può essere uno status-symbol. E se l’obiettivo principale nella scelta degli interni è il desiderio di dimostrare a tutto il circondario questo status, allora ecco che il marchio di fabbrica viene in aiuto.
Per esempio ci sono aziende che producono mobili di classe premium, ma il prezzo di una sedia con il logo di fabbrica costa il 20-30% in più della stessa sedia senza il logo. Ripeto: sedie assolutamente identiche, di qualità identica, ma a un prezzo molto diverso. É possibile realizzare l’intera casa con i brand più costosi, ma la sensazione all’interno sarà simile a quella che si può provare visitando uno stand de iSALONI – bellissimo, ma senz’anima. Per questo nei progetti non è indispensabile scegliere “tutto il meglio e da subito”: l’effetto può essere contrario a quello che ci si aspetta. Si possono far spiccare degli accessori qua e là, tenendo sempre conto della loro adeguatezza all’interno dello spazio.
Con un approccio del genere, l’arredamento sarà sicuramente vincente.
Allo stesso tempo è importante capire che per quanto riguarda l’illuminazione, si possono trovare lampadari che hanno sì un aspetto uguale (cioè quello firmato e la copia) ma che possono differire per intensità di illuminazione e quindi per l’atmosfera che andranno a creare. E quindi su questo è meglio non risparmiare!
Per concludere, posso dire che il design è una cosa soggettiva e quindi la questione non è semplice, ma nella creazione di un interno premium-class non è indispensabile orientarsi solo sulle marche. É importante capire l’obiettivo finale e anche il senso dello stile e del gusto del vostro designer. Allora il risultato sarà garantito!